Il Corriere dello Sport ha intervistato il capitano del Napoli, Marek Hamsik
Riportiamo da: Corriere dello Sport
CASTEL VOLTURNO - Quando Marek Hamsik prese per mano se stesso e l’accompagnò in quel misterioso affresco che gli si parò dinnanzi agli occhi, stava per nascere una storia d’amore (ma di quelle vere) che anche il calcio moderno sa regalare: e dieci anni dopo, mentre all’orizzonte c’è la cinquecentesima partita, ora che Hamsik ha smesso di «guidare» Marek c’è un vissuto che splende e una Napoli che resta nell’infinito del «principe azzurro».
HAMSIK C'È - 500 volte Hamsik, che effetto fa?
«Sono stupito, per cominciare, perché mi era sfuggito il dato. Io un po’ mi seguo, però questo non l’avevo calcolato».
Pensa ad altro: a Bruscolotti, a Juliano, a Maradona.
«C’è tempo, ho una carriera davanti a me».
S’invecchia, Hamsik...
«Lo so bene, ma mi sento ancora un ragazzino, però cinquecento lascia una bella sensazione, vuol dire che non mi sono risparmiato, che ho ottenuto fiducia».
Scelga una partita, se possibile.
«Facciamo due: la prima finale di coppa Italia vinta a Roma, quella con la Juventus, e la finale di Supercoppa a Doha. Poi ce ne sarebbero anche altre, ovviamente».
Il gol più bello?
«Forse quello al Milan, nella mia prima stagione: ha avuto un significato, ci ha portati in Europa, ma è stata una cavalcata fantastica».
La chiameremo l’uomo dei record.
«Sono qui per questo».
E quello del sogno...
«Se dovessi vincere lo scudetto con la maglia del Napoli, potrei smettere il giorno dopo».