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La notte da incubo di Higuain: tanti fischi e solo 29 palloni toccati

Serie A
La notte da incubo di Higuain:  tanti fischi e solo 29 palloni toccati
Serie A
Pubblicato il 02/04/2017 | 23:30

Il Pipita trova 60mila voci che urlano il proprio disprezzo per l’ex condottiero che per tre anni ha guidato gli azzurri con i suoi gol


Riportiamo da: Il Mattino

 

Ulisse torna a Itaca. Ma questa non è più casa sua: non c’è neanche uno straccio di Argo ad attenderlo. Il Pipita trova 60mila voci che urlano il proprio disprezzo per l’ex condottiero che per tre anni ha guidato gli azzurri con i suoi gol. Ha voglia, Ulisse, a camminare quasi disincantato e strafottente per il ventre del San Paolo, prima della partita: lo sanno tutti che il suo cuore è in tumulto, che la sua anima è in fiamme, che la sua testa ribolle di mille sensazioni. Ulisse ci ha messo quasi 11 mesi per ritrovare la via di Napoli: il suo non è un rientro, è una metamorfosi. Sì, è proprio lui, Gonzalo Gerardo Higuain, che il 14 maggio dello scorso anno, dopo il record di Nordahl stracciato, si divertiva a saltellare sotto la Curva B e a far finta di essere un direttore d’orchestra mentre il popolo degli ultrà intonava «un giorno all’improvviso». Ed era sempre lui che con le mani faceva il segno «resto qui, resto qui» facendo credere a un amore eterno che è durato invece soltanto poche altre settimane. Una notte da incubo, la peggiore della sua stagione: le statistiche dicono che non ha toccato un solo pallone in area. Esatto: zero palle giocate nell’area azzurra. In tutto, ha toccato 29 palloni in 90 minuti: una miseria.

Ed eccolo, ora: fischiato, insultato, mortificato. «Gonzalo uomo di m...», urla in maniera assordante lo stadio al suo ingresso per il riscaldamento. È solo l’inizio delle notte da incubo per l’ex Pipita. Non c’è un pallone che tocchi, durante il riscaldamento, che non venga sottolineato da una bordata di frastornanti, roboanti e persino laceranti fischi. Ogni fischio, una lancia nel fianco. Una volta erano osanna, hurrà, evviva. È tutto cambiato, adesso. Parolacce di ogni genere, cori offensivi contro la mamma e il resto della sua famiglia: «Chi non salta è Higuain», urlano quasi a voler mettere il disprezzo per Gonzalo al di sopra dell’eterna rivalità con la Juventus. Il questore De Iesu escogita un piano B ovvero fa entrare il bus della Juventus nel vialetto che costeggia la tribuna centrale e che guarda la facoltà di Ingegneria. Tra due ali di agenti di polizia, i bianconeri e Higuain fanno il loro ingresso al San Paolo attraverso il varco dei vip e della stampa. Il Pipita è l’ultimo a scendere e, alla sua vista, i tifosi all’interno dello stadio sfogano la loro rabbia. Uno indossa una sciarpa: «Accolto da imperatore, trattato da signore, andato via da traditore». Incrocia qualcuno dello staff azzurro, c’è Antonio Di Paolo uno dei magazzinieri che gli stringe la mano.

È l’ultimo anche a uscire dal campo per il riscaldamento. Vuol mostrare di non aver paura, di essere una specie di Riccardo Cuor di Leone. Si scalda con una batteria di tiri dal limite e a ogni errore la Curva A lo fischia. Non c’è scampo per Gonzalo. Quando lo scaltro speaker Decibel Bellini al momento della lettura delle formazioni scandisce bene il nome del Pipita, l’urlo che si scatena è quasi più assordante di «The Champions». Eppure l’argentino non si tira indietro: batte lui il calcio d’inizio della sfida ed ovviamente per venti secondi, in attesa del via di Orsato, lo stadio è tutto per lui. E lui si mette lì, quasi fiero, in mezzo al campo, in attesa della battuta: come a dire, eccomi qua, infierite pure, sfogatevi pure, ditemi tutto quello che via pare. Sa che ogni pallone sarà per lui un tormento. Alla fine della gara esce e manda un bacio. Non si sa a chi. Ma nessuno ricambia. Non passa alla fine neppure per la mixed: per motivi di sicurezza il bus riparte dalla tribuna centrale. Da dove era arrivato.

Fonte: Il Mattino


Molaro
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